Il valore perduto o nascosto del CONFLITTO

IL CONFLITTO COME FATTORE EVOLUTIVO è il titolo di un articolo molto interessante scritto da Daniele Novara e uscito sulla rivista Conflitti.Vorrei condividere con voi alcuni dei contenuti molti interessanti e mie riflessioni in merito.

Secondo Novara il conflitto può essere inteso come FATTORE EVOLUTIVO, come un’OCCASIONE DI CRESCITA.
Per capire la natura evolutiva del conflitto dobbiamo tener presente l’adolescente.
Per liberarsi dal controllo genitoriale, dal cordone ombelicale materno, l’adolescente HA BISOGNO DEI CONFLITTI.
Per staccarsi dalle figure genitoriali l’adolescente mette in atto vari comportamenti: insulti, attacchi, l’evitamento, menzogne, il perfezionismo. Cercare la perfezione a scuola per molti raggazzi/e può essere un modo per evitare qualsiasi discussione con i genitori, un modo per non sganciarsi, per mantenere una sorta di fusionalità, di conferma relazionale. Rimane questo un modo sbagliato di gestire i conflitti, un modo puramente dimostrativo che non ottiene il risultato di andare verso l’AUTONOMIA.
L’adolescente per sganciarsi, per guadagnarsi la tanto desiderata autonomia, deve aver la possibilità di mettersi alla prova anche e sopratutto nel conflitto con i genitori, con le figure adulte. Il conflitto non va evitato, ma gestito. Dobbiamo dare agli adolescenti in qualche modo la possibilità di distruggere tutto ciò che hanno assimilato negli anni precedenti, regole, idee, punti di vista, tutto ciò che hanno preso, appreso, dallo stare in famiglia, per distruggerlo e poi ricostruirlo a modo loro, per appropriarsene in modo personale, nuovo, adulto.
Il conflitto permette di mettersi in discussione di trovare modalità, parole, per spiegare le proprie ragioni, è un modo di mettersi alla prova di conoscersi, di sbagliare. Novara infatti afferma che il CONFLITTO E’ EVOLUTIVO PERCHE’ CONSENTE DI RICONOSCERSI E DI IDENTIFICARSI.

Ci hanno sempre insegnato che litigare è inopportuno e invece è proprio nel momento del contrasto che si manifesta la verità.

Il conflitto porta a guardarsi dentro, a riconoscere i propri limiti e le proprie risorse; il CONFLITTO PERMETTE DI LIBERASI DALLE DIPENDENZE INFANTILI. L’infanzia ci appartiene, non possiamo fingere di non averla avuta; dobbiamo riconoscerla e  riappropriarcene per poi prendere la nostra strada.
L’impossibilità di conflitto induce alla costruzione di un falso sé, una finta personalità costruita sui bisogni degli altri in una continua logica sbagliata di disponibilità. Non solo, l’impossibilità di affrontare il proprio destino, la propria individuazione – se vogliamo dirla come direbbe Jung – può sfociare nei cosiddetti disturbi di conversione: malattie psichiche e malattie psicosomatiche.
In ultimo il conflitto viene considerato come un’ AREA DI RICERCA DEL PROPRIO SE’ AUTENTICO.
Avere un conflitto con qualcuno implica sempre un serie di problemi: nella gestione del conflitto non ci sarà mai ragionevolezza, ci sarà invece sempre un grumo esistenziale che a volte si trasformerà in un muro impenetrabile, insuperabile.  Questo vale per gli altri e vale per noi.
In altre parole possiamo dire che SIAMO NOI IL CONFLITTO. Il conflitto è sempre una miscela tra quello che noi viviamo e quella che è una realtà.
NON ESISTE UN CONFLITTO OGGETTIVO, esiste sempre una persona che vive una certa situazione e la vive in quel modo, e poi ci siamo noi che cerchiamo sempre in quella situazione di TROVARE NOI STESSI E DI METTERCI ALLA PROVA, di scoprirci.
Il conflitto è un’occasione, imperdibile, per diventare sé stessi.
Spunti tratti dall’articolo di Daniele Novara, Il conflitto come fattore evolutivo, comparso sulla rivista CONFLITTI Anno 20 n.3-2021